INTRODUZIONE
Oggi l’otorinolaringologia ha mutato ed ha perfezionato in modo significativo le proprie possibilità diagnostiche e chirurgiche grazie al progresso dei mezzi endoscopici e alla diffusione sempre maggiore del loro impiego. Questo tipo di evoluzione, che si è manifestato prevalentemente negli ultimi trent’anni, non ha riguardato ovviamente solo la nostra, ma molte altre discipline come l’urologia, la gastroenterologia, la pneumologia, la chirurgia addominale, la neurochirurgia, ecc. Alcune specialità sono addirittura nate e si sono affermate proprio grazie alle possibilità offerte dai mezzi endoscopici e l’ORL è tra queste, avendo avuto da sempre legami strettissimi con l’endoscopia e avendone seguito i progressi fin dalle origini.
L’otologia, la laringologia e la rinologia nacquero, come è noto, separatamente e in tempi successivi durante l’ultimo quarto del XIX secolo quale conseguenza di un’unica condizione, quando cioè divenne possibile visualizzare chiaramente in vivo membrana timpatica, laringe, rinofaringe, ecc.
La dipendenza dall’endoscopia, che proprio in quel periodo si andava affermando, fu quindi davvero assoluta (Figura 1). L’endoscopia moderna è figlia del XIX secolo, anche se non va dimenticato che il miraggio di rendere visibili le cavità nascoste del corpo umano aveva da sempre coinvolto e affascinato medici e chirurghi (Figura 2). Fin dell’antichità più remota si successero tentativi empirici per visualizzare distretti usualmente poco accessibili all’ispezione e la Storia della Medicina è ricca di notizie in proposito.
Per venti secoli valve dilatatrici, tubi, abbassalingua autostatici rappresentarono i soli mezzi per ispezionare bocca, faringe, naso, vagina o retto, utilizzando come principale, se non unica, fonte luminosa la luce solare.
Testimonianze di questi strumenti le ritroviamo già nei reperti di scavo di Pompei (I secolo) e via via nei testi d’antichi autori come Celso (I secolo), Celio Aureliano (V secolo), Abulkasim (X secolo), Avenzoar (XI secolo), Arcolano (XV secolo), Paré (XVI secolo), Fabrizi (XVI secolo), Heister (XVIII secolo), per citare solo alcuni tra i più noti (Figura 3). Una lunghissima storia durante la quale, tuttavia, assai scarsi furono i progressi significativi, tanto è vero che fin dall’epoca romana gli strumenti usati tradizionalmente conservarono per secoli forme e possibilità applicative pressoché uguali.
Fu solo in conseguenza della rivoluzione tecnologica dell’800 che divenne possibile realizzare quella svolta fondamentale, quel progresso innovativo, che portarono alla nascita dell’endoscopia moderna. In quel secolo, così importante per la storia dell’uomo, quando nuove scoperte e invenzioni si susseguirono così velocemente da creare un clima di illimitata fiducia per le possibilità della scienza e della tecnologia, i tentativi di ideare e realizzare nuovi strumenti ottici e nuove fonti luminose si moltiplicarono vertiginosamente.
Gli autori che si dedicarono, in quel periodo, a questo campo di studi furono davvero innumerevoli, ma gli endoscopi da essi realizzati, in genere, possedevano ben poche caratteristiche originali; non erano altro che modifiche e perfezionamenti di strumenti precedenti ed ebbero assai scarsa utilità pratica. Tra i tanti studiosi, tuttavia, alcuni ebbero il merito di portare contributi originali e di importanza fondamentale per l’evoluzione dell’endoscopia, mi riferisco in particolare a Phillip Bozzini, a Manuel Garcia e a Max Nitze.
Ognuno dei tre fu, in tempi diversi (1804, 1854, 1878), ideatore e realizzatore di invenzioni capaci di portare i progressi più significativi.
Se dovessimo sintetizzare la storia dell’endoscopia, riducendola ai minimi termini, questi sarebbero di certo gli unici nomi che non potremmo in alcun modo evitare di citare.
A loro dobbiamo l’origine e la prima significativa evoluzione delle discipline endoscopiche. Tutto ebbe inizio nel 1804 con una originale e fondamentale invenzione, il lichtleiter (Figura 4) realizzato da un oscuro e geniale medico di Magonza, di origini italiane: Philipp Bozzini.
Il lichtleiter era un poliscopio e fu capostipite di tutti quelli progettati e realizzati successivamente nel corso di 150 anni. Questa invenzione fu davvero un evento rivoluzionario che segnò l’inizio di una nuova epoca.
Il merito di Bozzini fu quello di aver ideato un’apparecchiatura che per la prima volta utilizzava una fonte di luce artificiale (candela) incorporata nel manico dello strumento stesso e di averlo dotato di terminali mobili, intercambiabili, di varia misura e quindi adatti a consentire l’esplorazione di più cavità corporee.
Questi terminali, di forma e dimensioni diverse, erano dotati di valve che potevano dilatarsi consentendone l’applicazione in recessi di varie dimensioni: si passava dall’otoscopio, al rinoscopio, al cistoscopio, al faringoscopio, al terminale per la cervice uterina e un conduttore angolato era destinato alla esplorazione di ipofaringe e rinofaringe.
Sul piano teorico fu un’invenzione davvero geniale, ma su quello pratico le sue possibilità applicative furono molto limitate a causa soprattutto della scarsa visibilità dei recessi più profondi o stretti che la luce della candela non poteva illuminare sufficientemente.
Il difetto giustificò, almeno in parte, le critiche e l’opposizione della Medicina Accademica.
Purtroppo Bozzini morì nel 1809 a soli 36 anni per una febbre tifoide epidemica e non ebbe tempo di apportare alla sua invenzione quelle modifiche e quei perfezionamenti che avrebbero potuto valorizzarla definitivamente.
Comunque il lichtleiter fu veramente una conquista fondamentale, un’idea del tutto originale e da esso derivarono tutti i poliscopi realizzati successivamente (Figura 5). Dal 1820 al 1850 un numero notevole di studiosi si dedicò all’argomento.
Segales, Babington, Bonnafont, Warden, Avery, Desormeaux e molti altri proposero endoscopi di diverse fogge, ma con caratteristiche abbastanza simili, raramente originali, nessuno dei quali riuscì ad imporsi per un impiego pratico su larga scala.
Nel 1854 si verificò un secondo evento fondamentale nella storia dell’endoscopia:
l’invenzione dello specchietto laringeo da parte dello spagnolo Manuel Garcia, che fu maestro di canto a Parigi e a Londra.
Con strumenti di semplicità estrema (uno specchietto da dentista e un altro da barbiere) riuscì a realizzare un mezzo che consentiva un’ottima visione della laringe nel vivente, assai superiore a quella ottenibile con i vari endoscopi ideati fino ad allora (Figura 6). Va ricordato che il tentativo di osservare la laringe, utilizzando specchietti da dentista, era stato intrapreso, tra il 1827 ed il 1838, da Senn a Ginevra, da Trousseau e da Bennati a Parigi e da Liston a Londra, ma con risultati del tutto sconfortanti.
Nato per osservare i movimenti delle corde vocali nei cantanti, lo specchietto laringeo fu impiegato in clinica, a Vienna, già nel 1856 da Türck e da Czermak che diedero vita ad una nuova branca della medicina: la laringologia.
Da quel momento l’evoluzione della endoscopia seguì due strade diverse: mentre i laringologi, convinti della validità dello specchietto di Garcia (Figura 7), cercavano di perfezionarne l’uso migliorando le fonti di illuminazione e i mezzi di riflessione dei raggi luminosi, altri specialisti invece continuavano a perfezionare i poliscopi derivati dal lichtleiter per esplorare più distretti dell’organismo, soprattutto uretra e vescica.
Fu infatti merito dei primi urologi se si raggiunsero importanti progressi tecnici nel campo degli endoscopi, che nella prima metà del secolo avevano fornito risultati assai poco soddisfacenti a causa delle difficoltà incontrate per realizzare un valido sistema ottico supportato da adeguati mezzi d’illuminazione.
Gli strumenti realizzati da Nélaton, Haken, Cruise e Desormeaux erano infatti tutti in qualche misura derivati dal poliscopio di Bozzini, ma rispetto a questo, avevano apportato solo modesti progressi.
Il problema principale per gli urologi era rappresentato non soltanto dal sistema ottico e dalla fonte luminosa ma soprattutto dalla necessità di realizzare strumenti tanto sottili da superare facilmente l’uretra maschile.
Un contributo prezioso venne, nell’ultimo quarto del secolo, dall’impiego della luce elettrica, assai più valida e maneggevole rispetto ai combustibili da illuminazione allora in uso. Nel 1878 si verificò la svolta fondamentale che segnò l’inizio dell’endoscopia moderna:
l’invenzione dell’uretro-cistoscopio di Nitze (Figura 8). Max Nitze, berlinese di nascita e viennese di adozione, realizzò infatti, a soli 29 anni, con la collaborazione di Joseph Leiter, uno strumento che superava di gran lunga, per qualità ottiche e per maneggevolezza, quelli realizzati precedentemente.
Consisteva in una sottile asta contenente la fonte d’illuminazione elettrica collocata all’estremità ditale e un’ottica capace di consentire un discreto ingrandimento.
La fonte luminosa era costituita, agli inizi, da un’ansa di platino incandescente e successivamente, dopo il 1880, da microlampade Edison, che scaldavano pochissimo e quindi rendevano inutile il raffreddamento ad acqua presente nei primi esemplari.
Il cistoscopio di Nitze (Figura 9), destinato in origine ai soli urologi, venne anche dotato di terminali destinati alla esplorazione di orecchio, naso, laringe e rinofaringe.
Lo strumento associava finalmente buone qualità ottiche a una minima invasività e da esso derivarono tutti gli endoscopi rigidi realizzati successivamente fino a quelli odierni.
CONCLUSIONE
In conclusione possiamo dire che l’endoscopia si è Figura 7. Autolaringoscopia con lo specchietto di Garcia (da N. Czermak “Der Kehlkopfspiegel”, Leipzig 1863).
Figura 8. Maximilian Carl Nitze (1848- 1906) (da Reuter).
Figura 9. L’uretrocistoscopio di Nitze con i terminali per otoscopia e per laringoscopia. La fonte luminosa è ancora rappresentata dall’ansa incandescente di platino che necessitava del raffreddamento ad acqua (1878) (da Reuter). Sperati G 66 Arq Otorrinolaringol, 7 (1), 2003 sviluppata nel corso di due secoli, con il contributo di molti, ma soprattutto con quello determinante di Bozzini, Garcia e Nitze, tre geniali dilettanti dotati di una non comune abilità nell’ideare e realizzare strumenti tecnici sofisticati a dispetto delle loro scarse conoscenze dei problemi della fisica e soprattutto dell’ottica.
BIBLIOGRAFIA
1. Bozzini P. Lichtleiter, eine Erfindung zur Annschauung innerer Theile und Krankheiten nebst der Abbildung. Journ Pract Arzn Wund, 24, 107-124, 1806.
2. Reuter MA, Reuter HJ, Engel RM. History of Endoscopy. Ed. Max Nitze Museum, Stuttgart 1999.
3. Segal A, Willemot J. “Endoscopie” apud Willemot J. Naissance et développement del’ORL dans l’Histoire de la Médecine. Suppl 37 Acta ORL Belgica 1981. Vol 35, suppl. III, pp. 393-630.
4. Sperati G. I pionieri della laringologia: Manuel Garcia. Acta ORL Ital. 15: 465-466, 1955.
5. Sperati G. Philipp Bozzini e il “lichtleiter”. Acta ORL Ital. 22: 42-46, 2002.
* Past President of Italian Otorhinolaryngological Society.
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Artigo recebido em 20 de novembro de 2002. Artigo aceito em 10 de dezembro de 2002.