INTRODUZIONE
I tumori del cavo orale rappresentano una delle dieci neoplasie più frequenti nella specie umana, con una incidenza nell’uomo del 4% di tutti i tumori e nella donna del 2%, con un crescente incremento del numero dei casi per anno (1-3). La comparsa della malattia, legata alle abitudini alimentari (4) e voluttuarie (5) ma anche alle differenti condizioni socioeconomiche, è particolarmente elevata in India dove rappresenta il 40% delle neoplasie, mentre negli Stati Uniti è solo del 4%. In Europa si osservano in media 13 nuovi casi ogni 100000 abitanti con una netta prevalenza dei maschi rispetto alle femmine (rapporto di 4/1), ed una maggiore incidenza nella 5a e 6a decade di vita (6-8). Il carcinoma del cavo orale è sovente preceduto da lesioni precancerose che rappresentano il maggiore fattore di rischio, soprattutto se appartengono al gruppo delle precancerosi obbligate (Leucoplachia, Eritroplachia, Lichen Planus), perchè in caso di mancato trattamento possono subire una trasformazione maligna (9,10).
Sono state individuate numerose sostanze cancerogene fisiche chimiche o biologiche che agiscono sulle cellule della mucosa trasformandole in cellule neoplastiche attraverso una prima fase di iniziazione a cui segue una fase di promozione (11). Le sostanze cancerogene possono derivare da una esposizione professionale o essere conseguenza di un rischio ambientale, ma è soprattutto il rischio voluttuario che è chiamato in causa per questa patologia e che è rappresentato dal fumo e dall’alcool cui possono associarsi le alterazioni metabolico carenziali causate dagli squilibri dietetico alimentari.
Una scarsa igiene del cavo orale con conseguente infezione batterica, micotica o virale viene considerata corresponsabile di questa patologia in special modo in presenza di uno stato di immunodepressione. La diagnosi, malgrado la facile ispezione del cavo orale, non sempre avviene nella fase iniziale della malattia specialmente per le forme ad insorgenza nella porzione posteriore della cavità di più difficile ispezione (12). La valutazione prognostica si basa oltre che sull’estensione locale della malattia, sulla presenza, numero, dimensioni e livello delle adenopatie metastatiche (13- 16). La classificazione TNM, associata alle moderne metodiche di imaging (Ecografia, TC, RM) (17-19), al riscontro istologico della neoplasia ed al grading, rappresenta il metodo più avanzato per la programmazione del trattamento terapeutico che può avvalersi oltre che della terapia chirurgica, della radioterapia e della chemioterapia secondo protocolli combinati multidisciplinari (20-23).
MATERIALI E METODI
Allo scopo di confrontare i risultati oncologici del trattamento chirurgico singolo o in combinazione alla radioterapia con quelli ottenuti su pazienti sottoposti in prima istanza a chemioterapia neoadiuvante, abbiamo effettuato una metanalisi su 95 casi trattati presso la Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università di Bari dal 1990 al 1998. I pazienti, 81maschi e 14 femmine, avevano una età compresa tra 40 e 78 anni, media 59 anni. La sede della neoplasia era a livello della lingua nel 43% dei casi, della pelvi nel 26%, del trigono, alveolo e gengiva nel 11%, della guancia nel 6% e del palato nel 2%. (Tabela 1).
All’esame istologico nella maggior parte dei casi è stato riscontrato il carcinoma epidermoide (Tabela 2). Per quanto riguarda la classificazione TNM (Tabela 3), oltre i 2/3 dei pazienti erano T2, T3, e circa la metà non avevano adenopatie palpabili. Il protocollo terapeutico adottato è stata la chirurgia singola o associata a radioterapia in 62 casi (65%%), mentre la chemioterapia neoadiuvante (CDDP + 5FU) seguita da radioterapia o chirurgia è stata utilizzata in 33 casi (35%), infine lo svuotamento linfonodale laterocervicale è stato praticato in 67 pazienti (70,5%), (Tabela 4). Il tipo di trattamento utilizzato in funzione della sede della neoplasia è riportato nella Tabela 5. In 42 pazienti che avevano subito ampie demolizioni è stato eseguito un tempo ricostruttivo, in oltre la metà dei casi con lembo microchirurgico osteomiocutaneo di radio o perone, negli altri casi sono stati utilizzati i lembi delto pettorale, e miocutaneo di grande pettorale (Tabela 6). Il follow up minimo è stato di 36 mesi ed i risultati sono stati sottoposti a valutazione statistica.
RISULTATI
La sopravvivenza bruta è stata di 65 pazienti sui 95 esaminati (68,4%), mentre i perduti di vista ed i morti per altre cause sono stati 8 (8,4%). 21 pazienti (22,1%) hanno avuto una recidiva locoregionale e 4 di questi (9%) sono stati recuperati chirurgicamente. E. stata osservata una sola metastasi a distanza. Eliminando i casi perduti di vista o morti per altre cause, la sopravvivenza globale é stata di 69/87 casi (79,3%) (Tabela 7).
I risultati oncologici valutati in funzione della sede della neoplasia hanno evidenziato una sopravvivenza tra il 70 e l.80% per i tumori della pelvi, della lingua, della guancia, dell.alveolo-gengiva e del palato, mentre nei tumori del trigono i successi sono risultati solo il 36% (Tabela 8 ). I risultati riferiti alla stadiazione hanno mostrato una sopravvivenza dell.80% circa nei pazienti T1 e T2, con valori gradualmente decrescenti per le neoplasie di maggior dimensione e cioè del 50% per T3 e del 28,5% per T4. Mentre per quanto riguarda la sopravvivenza in funzione delle adenopatie nei casi N0 i successi sono stati di oltre l.80%, nei casi N1-N2 del 65% circa, mentre nei casi N3 del 27% (Tabela 9). I risultati in funzione dell.istologia dei linfonodi sono riportati nella Tabela 10. La percentuale di sopravvivenza è risultata del 50% nei casi N+ contro il 22% nei casi N-, mentre per quanto riguarda la rottura capsulare nei casi R- la sopravvivenza è stata del 39%, e nei casi R+ del 14%. Infine il confronto dei risultati tra i pazienti sottoposti a chirurgia singola o associata a radioterapia, ed i pazienti trattati con chemioterapia neoadiuvante più radioterapia o chirurgia (Tabela 11) ha evidenziato una sopravvivenza sovrapponibile nei due gruppi come anche l.incidenza di recidive.
DISCUSSIONE
Il trattamento chirurgico dei tumori del cavo orale necessita sempre di ampie demolizioni che non soltanto compromettono la ripresa delle funzioni fonatorie e della deglutizione, ma anche condizionano il risultato estetico per la perdita di importanti strutture ossee di sostegno. L’introduzione della chemioterapia in uno schema di trattamento multimodale ha indirizzato la ricerca verso la possibilità di controllare la malattia riducendo le dimensioni del tumore, al fine di consentire interventi chirurgici più conservativi o di salvare l’organo senza ricorrere alla chirurgia (24). Per il distretto testa collo numerosi studi sono stati effettuati con l’impiego singolo o combinato di farmaci chemioterapici allo scopo di ottenere una riduzione o una remissione della malattia (25).
I risultati hanno dimostrato che le risposte migliori si possono ottenere con la polichemioterapia ed in modo specifico con l’associazione di CDDP e 5FU che raggiunto una RC nel 54% dei casi ed una RP nel 93% (26).
Tuttavia i numerosi trial condotti sulla chemioterapia neoadiuvante hanno dimostrato che i pazienti trattati inizialmente con farmaci chemioterapici non hanno una sopravvivenza migliore o un più prolungato controllo della malattia rispetto ai pazienti sottoposti a chirurgia con o senza radioterapia (27,28). La chemioterapia di induzione ha però mostrato che in una percentuale di pazienti variabile tra il 20 ed il 50% si ottiene una regressione completa della malattia selezionando i casi responsivi che possono completare il protocollo terapeutico con la radioterapia per ottenere la preservazione dell’organo.
La chemioterapia neoadiuvante riduce inoltre in modo significativo le metastasi a distanza e non aumenta le complicanze del trattamento chirurgico o radioterapico (29,30). I risultati della nostra metanalisi dimostrano innanzitutto che la sopravvivenza globale valutata con un follow up minimo di 36 mesi è stata di oltre il 64% ma che raggiunge quasi l’80% se si eliminano i perduti di vista ed i pazienti morti per altre cause, con una prognosi peggiore per le neoplasie del regione del trigono retromolare come anche riportato nei dati della letteratura (20-23,31-36). La sopravvivenza è risultata correlata ad alcuni fattori prognostici: estensione della neoplasia, presenza di adenopatie palpabili, infiltrazione neoplastica dei linfonodi, rottura capsulare (37,38).
Tutte queste condizioni hanno determinato una notevole riduzione della sopravvivenza rispetto ai pazienti che presentavano neoplasie di piccole dimensioni e prive di linfonodi palpabili. Il confronto tra pazienti trattati con chirurgia con o senza radioterapia e quelli sottoposti a chemioterapia neoadiuvante non ha mostrato una differenza significativa di sopravvivenza in accordo con quanto riportato in letteratura (39,40).
Va tuttavia evidenziato che il trattamento chemioterapico di induzione ha permesso di selezionare n.8 casi che avendo avuto una risposta completa sono stati sottoposti a radioterapia con risparmio dell’organo.
Inoltre i pazienti con risposta parziale o non responsivi hanno potuto proseguire regolarmente il protocollo terapeutico chirurgico e radiante.
CONCLUSIONI
In conclusione la nostra indagine ha confermato quanto riportato in letteratura, e cioè che la chemioterapia neoadiuvante nel trattamento del carcinoma del cavo orale non modifica la percentuale di sopravvivenza, ma consente la conservazione dell’organo in 1/3 dei casi, e che insieme alla chirurgia ricostruttiva con lembi di trasporto rappresenta il metodo più avanzato per la cura delle neoplasie di questo distretto della testa e del collo.
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* Professor of ENT Department University of Bari.
** Researcher of ENT Department University of Bari.
*** Associate Professor of ENT Department University of Bari.
Correspondence: Maria Luisa Fiorella . Via Strada Barone 10, 70125 . Bari . Italy . Tel.: +390805478720 . Fax: +390805478723 . E-mail: ml.fiorella@orl.uniba.it
Artigo recebido em 2 de novembro de 2002. Artigo aceito com correções em 28 de abril de 2003.