INTRODUZIONE
La terapia della rinite allergica si avvale attualmente di numerosi presidi immunoterapici e farmacologici in grado di dominare efficacemente la malattia, se il trattamento è ben programmato, condotto e monitorato (1-4). Gli schemi terapeutici sono invece molto spesso organizzati senza tener conto dell’iter etiopatogenetico della rinite allergica, finalizzati essenzialmente al controllo dei sintomi nelle fasi più acute, con l’impiego di un insieme di farmaci che se indubbiamente efficaci sul quadro sintomatologico, non sempre vengono coordinati in una razionale importazione terapeutica.
Non è raro che la malattia venga addirittura autogestita dal paziente, quasi sempre in modo caotico o inappropriato. L’osservazione di cronicizzazione grave della rinite sino all’insorgenza di complicanze ORL spesso disastrose (poliposi nasale, sinusopatie) (5) e di coinvolgimento di organi a distanza (sindrome rino-bronchiale) (6), deve indurre invece lo specialista ad un impegno molto serio nell’affrontare il problema terapeutico, puntando l’attenzione in particolare ai complessi processi responsabili dell’iperreattività allergica, in un ambito molto ampio che va dalla modulazione della sensibilizzazione IgE-mediata al controllo degli effetti indotti dai mediatori chimici liberatisi in seguito alla degranulazione mastocitaria ed eosinofilica (7). Esiste una terapia causale, la iposensibilizzazione specifica, effettuata per via sistemica o locale (8), che dovrebbe rappresentare “la terapia” della rinite allergica ma che purtroppo ha, anche quando ben condotta, successi parziali, sicuramente meno soddisfacenti di quelli riferiti dai pneumologi per l’iperreattività bronchiale.
É pertanto ormai opinione corrente che il trattamento iposensibilizzante non può essere disgiunto da quello farmacologico, in grado di controllare la flogosi allergica e di conseguenza le manifestazioni cliniche (9,10, 11). Alcuni farmaci ad applicazione topica agiscono inibendo il momento patogenetico più importante della reazione allergica, la degranulazione mastocitaria, e quindi la liberazione dei mediatori (12). Denominati stabilizzanti di membrana sono rappresentati essenzialmente dai cromoni (Cromoglicato disodico, Nedocromil sodico), dal chetotifene e dalla furosemide.
La loro efficacia si manifesta in modo ottimale quando utilizzati nella fase preclinica della malattia, in quanto non ha alcun effetto sui sintomi .Ne deriva di conseguenza che l’impiego degli stabilizzanti di membrana è particolarmente indicato nelle forme allergiche stagionali, quando è più o meno prevedibile l’esordio della malattia, mentre si dimostra poco pratica e difficilmente programmabile nelle patologie perenni (13). Per contrastare gli effetti talora devastanti dell’azione dei mediatori a degranulazione ormai avvenuta, si utilizza una vasta gamma di farmaci, alcuni dei quali si oppongono direttamente al mediatore, altri con effetto su vasi, ghiandole e tessuti interessati dall’immunoflogosi.
I primi sono rappresentati essenzialmente dagli antistaminici (14), spesso utilizzati anche per via topica, che contrastano uno dei mediatori più importanti e diffusi, l’istamina, con un’alta efficacia sui sintomi trigeminali e secretivi, ma con scarso effetto su quelli ostruttivi.
Gli antileucotrienici, introdotti abbastanza recentemente, controllano efficacemente la flogosi allergica agendo su alcuni potenti agenti flogogeni, i leucotrieni;
il loro impiego è però abbastanza limitato nella rinite allergica, per l’alto costo non compensato dai risultati ottimali che vengono invece segnalati in campo pnemologico (15, 16). A quadro clinico conclamato la terapia farmacologia è diretta sui principali sintomi della rinite allergica;
l’ostruzione nasale, la rinorrea e le manifestazioni trigeminali (prurito e bruciore nasale, starnutazioni, vellicchio in gola, ecc). Sul primo agiscono molto efficacemente i vasocostrittori (efedrina, pseudoefedrina, ossimetazolina,ecc.) il cui uso deve però essere molto limitato nel paziente allergico, caratterizzato da distonia del circolo nasale che l’uso prolungato del vasocostrittore può aggravare.
Sui fenomeni secretivi sono invece molto efficaci gli anticolinergici, (ipatropium bromuro), mentre i sintomi trigeminali vengono di solito risolti dall’antistaminico. Ma i farmaci in assoluto più importanti nella gestione del paziente allergico sono i corticosteroidi, i cui effetti si esplicano su tutto l’iter patogenetico e clinico della rinite allergica (dalla sintesi delle IgE alle manifestazioni sintomatologiche). L’azione sulle risposte immunitaria si esplica sia sulla fase umorale (inibizione e riduzione delle sintesi delle IgE, riduzione della liberazione di mediatori, depressione della sintesi delle prostaglandine, del complemento, ecc) che su quella cellulo-mediata (azione su linfociti T, inibizione della migrazione dei macrofagi e monociti). Non meno importante è l’azione antireattiva e antiflogistica dei corticosteroidi, che può essere sintetizzata nella inibizione della proliferazione e migrazione linfocitaria, del rilascio di citochine, della sintesi dell’acido arachidonico, della fosfoliposi A. In questa azione rientra anche la modulazione dell’attività del sistema non adrenergico-non colinergico e l’azione antipermeabilizzante ed antidemigena. Il farmaco ha pertanto effetti terapeutici formidabili non solo nella fase acuta della malattia, specie se somministrato per via sistemica, ma anche nella fase di quiescenza in quanto controlla la flogosi minima persistente, caratterizzata da processi attenuati di degranulazione mastocitaria ed eosinofilica. A fronte di tali eccezionali proprietà, in grado di risolvere in definitiva tutti i problemi della rinite allergica, vi sono però importanti effetti collaterali, che costringono a limitarne l’uso (interferenza sul sistema endocrino metabolico, neuropsichico, sull’apparato gastrointestinale e muscolo scheletrico, inibizione della fibroplasia, soppressione delle difese immunitarie) (21).
Nelle situazioni che richiedono trattamenti di lunga durata può essere pertanto utile il ricorso all’applicazione topica del farmaco, forse meno efficace rispetto a quella sistemica, ma sicuramente meno tossica e comunque valida. Il cospicuo numero di opzioni farmacologiche nel trattamento della rinite allergica può però talvolta creare confusione ed indurre il medico o il paziente ad errori nella scelta o nelle associazioni dei farmaci, con situazioni anche di undertreatment o di overtreatment.
E’ necessario invece che il trattamento venga organizzato secondo una strategia dettata in fase acuta dal quadro clinico e in fase di quiescenza dai dati strumentali e di laboratorio capaci di evidenziare una patologia latente. Riguardo all’atteggiamento terapeutico da tenere in fase acuta, è opinione comune in letteratura (22) che questo venga adattato alla gravità della malattia, che pertanto è distinta in forma lieve, media e grave (Tab I). Nella forma lieve possono essere sufficienti solo gli antistaminici (per via sistemica o topica); nelle patologie di media entità si fa invece ricorso all’associazione di antistaminici e corticosteroidi topici; un quadro clinico molto grave necessita di solito dell’aggiunta di corticosteroidi per via generale.
Il trattamento farmacologico è ovviamente indipendente dalla terapia iposensibilizante specifica che si riterrà opportuno o meno adottare. Alcuni schemi terapeutici conformano la terapia al tipo di sintomatologia; che può essere caratterizzata prevalentemente da ostruzione o da secrezione o da sintomi trigeminali. I pazienti vengono quindi distinti in “blockers”, “blowings”, e “sneezers” e trattati integrando il classico schema terapeutico con farmaci diretti sul sintomo prevalente (in particolare decongestionanti nell’ostruzione grave, ipatropium bromuro nelle forme ipersecretive). Tale atteggiamento terapeutico, se valido nelle forme vasomotorie non allergiche, raramente è indicato nella rinite allergica. Più difficile è invece programmare un trattamento dell’allergia nasale nelle fasi asintomatiche della malattia, raramente diagnosticata con i comuni mezzi di indagine clinica e strumentale.
L’unico esame in grado di svelare una patologia latente è rappresentato dalla citologia della mucosa nasale, che evidenzia gli elementi cellulari e alcuni momenti patogenetici dell’immunoflogosi (23, 24). La citologia nasale è una metodica diagnostica ormai abbastanza conosciuta e utilizzata da tempo, se si considera che già dal 1889 Gollash, individuando nel secreto nasale di un asmatico numerosi eosinofili, correlò tali cellule alla patogenesi dell’asma. L’importanza di tale indagine si basa su un principio fondamentale:
la citologia della mucosa nasale di bambini e adulti, in condizioni di normalità, è costituita da numerose cellule epiteliali quali: cellule ciliate, cellule striate, cellule caliciforme mucipare e cellule basali.
Non vi sono abitualmente eosinofili né mastcellule entro lo strato epiteliale superficiale posto al di sopra della membrana basale;
un modico numero di neutrofili e sporadici batteri può essere rilevato, specialmente se il campione è prelevato dalla porzione anteriore del turbinato inferiore.
L’equilibrio del compartimento cellulare delle secrezioni e della mucosa nasale si modifica nelle condizioni patologiche, ove si assiste all’incremento di alcuni citotipi normalmente assenti, accompagnate dalla presenza di citopatie dell’epitelio mucoso, potendo quindi non solo orientare il clinico ad una diagnosi più mirata, ma consentire di seguire l’evoluzione della malattia e valutare la risposta al trattamento farmacologico intrapreso. La valutazione citologica del secreto nasale è quindi di grande aiuto per differenziare le rinopatie infiammatorie da quelle infettive, le vasomotorie allergiche dalle non allergiche, le batteriche dalle virali, e le forme micotiche, oggi di grande attualità.
In particolare per la rinite allergica, il rinocitogramma è caratterizzato dalle cellule dell’immunoflogosi, eosinofili mast-cellule, in stato di degranulazione nelle fasi più acute della malattia e numerosi neutrofili. Ad aumentare l’interesse di tale diagnostica e a permetterne la diffusione, hanno contribuito diversi fattori: la relativa semplicità con cui vengono realizzati i prelievi, la non eccessiva difficoltà di esecuzione (necessita solo di una buona manualità nell’allestimento dei vetrini e di un giusto training per la lettura del rinocitogramma) e dalla scarsa invasività delle tecniche adottate, che permettono eventuali e ripetuti controlli. Nell’intento di programmare una razionale strategia terapeutica in grado di controllare la rinite allergica nelle varie fasi (Fig.1), ma soprattutto quando la clinica non evidenzia il processo patologico (flogosi minima persistente), è stato condotto uno studio sul trattamento della malattia, monitorato dalla citologia nasale.
A tal fine sono stati messi a confronto i risultati del trattamento della rinite allergica (R.A.) nello stesso gruppo di pazienti in due anni successivi (2000-2001), nel primo dei quali la terapia veniva effettuata solo in funzione del quadro anamnesticoclinico, nel secondo, invece, sulla guida dell’esame citologico eseguito sia nelle fasi sub-cliniche che nel periodo critico della malattia.
MATERIALE E METODO
Nei due anni sono stati arruolati per lo studio 72 pazienti da tempo in osservazione presso il Centro di Rino- Allergologia della clinica ORL dell’Università degli Studi di Bari.
Di questi 57 (25 Homem e 32 Mulher di età media 33 aa) hanno portato a termine lo studio. Sono stati selezionati unicamente pazienti affetti da R.A. stagionale (14 Cipresso, 12 Graminacee, 16 Ulivo, 15 parietaria).
I Studio (Anno 2000)
Iter diagnostico
I 57 pazienti in esame sono stati osservati in tre fasi differenti di malattia
- Visita 1: fase pre pollinica, asintomatica, 40 giorni dall’inizio della prevista pollinazione calcolata sui dati del Calendario pollinico dell’anno 1999 fornito dall’Istituto di Allergologia e Immunologia Clinica dell’Università di Bari. I pazienti sono stati sottoposti ad esame clinico ORL, corredato da rinofibroscopia e rinomanometria anteriore attiva. E’ stato inoltre effettuato un Prick test per la conferma di malattia allergica e rilievo dell’entità della sensibilizzazione (Tab. II). Ai pazienti è stato fornito un diario sul quale successivamente annotare il periodo di insorgenza e l’entità della sintomatologia
- Visita 2: fase acuta della R.A. L’osservazione si è basata essenzialmente sui rilievi anamnestici e clinico- strumentali della rinopatia (con rilievo essenzialmente della ostruzione nasale e della rinorrea) (Tab. III).
- Visita 3: fase post-pollinica, a 12 giorni dalla cessazione della pollinazione. L’esame clinico-strumentale è stato corredato da un’indagine citologica nasale finalizzata alla ricerca delle cellule dell’immunoflogosi (Tab IV). Si è proceduto all’analisi del diario clinico compilato nella fase acuta e quindi il paziente è stato sottoposto ad un questionario sulla qualità della vita del tipo “SAT-P” (Satisfaction Profile). Schema di trattamento In fase pre pollinica, i pazienti non hanno ricevuto alcun trattamento (Tab. II). Il rilievo del quadro clinico di rinite acuta in fase 2 ha indotto alla terapia medica secondo un programma modulato in base all’entità della sintomatologia: sono stati utilizzati essenzialmente corticosteroide (CCS) per uso topico e/o sistemico, cromoni, antistaminici (Tab.V). Nel periodo post-pollinico, è stata programmata terapia medica con CCS topici per almeno 2 mesi se persistevano pur in forma attenuata, sintomi di rinite o se all’esame citologico erano ancora evidenti eosinofili e quadri di degranulazione. II Studio (Anno 2001) Iter diagnostico Come nel I studio, i pazienti sono stati esaminati nel periodo pre- pollinico, in fase acuta della malattia e in fase post-pollinica (Tab II, III, IV). L’iter diagnostico in questo secondo anno ha ricalcato praticamente quello dell’anno precedente, con la variante che l’indagine citologica è stata effettuata in tutte le tre osservazioni.
Variante fondamentale, in quanto il trattamento terapeutico è stato condizionato quasi esclusivamente dai risultati della citologia nasale, in particolare dalla presenza di cellule dell’immunoflogosi e dal loro stato di degranulazione . Schema di trattamento I pazienti hanno assunto farmaci anche in assenza di sintomatologia clinica , quindi in fase pre e post-pollinica. Se la citologia non evidenziava alterazioni citologiche, evenienza più probabile in fase pre-pollinica, è stato programmato un trattamento con Disodiocromoglicato (DSCG) per almeno 2 mesi, mentre in presenza di eosinofilia il paziente. ha assunto CCS topico e antistaminico per via sistemica. Quando il trattamento in fase pre-pollinica non è riuscito ad evitare l’evoluzione della malattia verso la fase acuta, al paziente è stata somministrata terapia secondo gli schemi già illustrati nel I studio, sulla scorta dei dati sia clinici che citologici (Tab.V). Nella fase post-pollinica l’atteggiamento terapeutico è stato praticamente sovrapponibile a quello della postpollinica del I studio, condizionato cioè soprattutto dalla citologia nasale. Come nel primo studio, i pazienti sono stati sottoposti al questionario “Sat-P” RISULTATI Riferiamo innanzitutto i risultati citologici relative alle fasi in cui l’indagine è stata effettuata (Tab. VI). Nel periodo post-pollinico del I studio la presenza di cellule dell’ immunoflogosi è stato rilevato nel 63% di casi (36 su 57). Nel II studio, in fase pre-pollinica la citologia non ha mostrato elementi patologici nell’85 % dei pazienti (46 su 57) mentre è stata osservata una eosinofilia nel 15% (9 pazienti: 8 parietaria e 1 cipresso) (Tab. II). Nei casi evoluti in fase acuta di malattia è emerso evidente un infiltrato massivo di eosinofili, mast-cellule (con molteplici quadri di degranulazione) e neutrofili. Nella fase post-pollinica, alterazioni citologiche sono state evidenziate nel 32% dei casi (18 su 57). La differenza delle alterazioni citologiche in periodo postpollinico tra i due studi, è risultata statisticamente significativa (p < 0,05) (Tab. VII).
In particolare è emersa una riduzione dei casi di flogosi minima persistente: 28 (48%) versus 14 ( 24%) e di sovrainfezione batterica: 8 (14%) versus 5 (8%). Risultati Clinici: Nel gruppo del I studio tutti i pazienti hanno manifestato la fase acuta della malattia, con quadri clinico di notevole gravità in 7 casi e sono stati pertanto sottoposti a trattamento medico. Nel periodo post-pollinico il 21% dei pazienti (12/57) hanno mostrato, sebbene in forma attenuata, sintomi di rinite e pertanto non è stato interrotta la terapia.
Dei soggetti del II studio, sottoposti a terapia già in fase pre-pollinica, solo 2 casi hanno manifestato in fase di acuzie un quadro clinico particolarmente importante. Risultati della terapia farmacologica: Nella Tab. VIII vengono riportate le giornate di terapia per i vari farmaci impiegati nei due studi, differenziate per allergene. E’ stato calcolato in particolare che l’impiego di CCS locali e/o sistemici è risultato inferiore nel II anno rispetto al primo del 46% circa. Soddisfazione del paziente e qualità della vita: Dalle risposte al questionario si è rilevato che l’83% dei pazienti ha riferito un miglioramento della qualità della vita nel secondo anno rispetto al primo; il 48% ha inoltre manifestato per confronto maggiore soddisfazione per la condotta diagnostico-terapeutica. Spesa sanitaria: Nelle Tab. IX e X è riportata la spesa sanitaria differenziata per tipo di allergia.
Evidentemente una riduzione di spesa si è avuta nelle allergie da cipresso e ulivo, mentre per le graminacee, non sono state rilevate variazioni e per la paritaria un lieve aumento in relazione al maggiore impiego di antistaminico per i lunghi periodi di trattamento che la sensibilizzazione a questo allergene richiede. Nel complesso la spesa sanitaria nel II studio è ridotta del 20% rispetto all’anno al I.
DISCUSSIONI
Il rilievo più evidente che emerge dal nostro studio è l’importanza della citologia nasale non solo a scopo diagnostico, aspetto di solito maggiormente considerato, ma soprattutto per un miglior monitoraggio del trattamento medico. Questo particolare obiettivo dell’indagine citologica nasale è stato più volte richiamato ed enfatizzato dalla letteratura dell’ultimo decennio (18,25-27) che evidenziava la riduzione delle cellule dell’immunoflogosi e dei fenomeni di degranulazione per effetto di farmaci che nel corso degli anni si sono succeduti nella strategia delle rinopatie allergiche: corticosteroidei (28) antistaminici locali e sistemici (29), cromoni (30), ecc. D’altronde il ricorso routinario all’indagine citologica ai fini diagnostici e terapeutici è ampiamente giustificato dai buoni requisiti già illustrati nella parte introduttiva del nostro lavoro (esame di basso costo e non invasivo). Un aspetto particolarmente importante ai fini terapeutici è la possibilità del rinocitogramma di svelare la malattia in fase pre-clinica e di seguirne l’evoluzione in quella post-clinica, momenti in cui il quadro anamnesticoobiettivo è silente pur persistendo processi di immunoflogosi a livello tissutale, evidenziati da alterazioni citologiche: è questa la “flogosi minima persistente”, complicata talvolta da infezioni per sovrapposizione batterica, considerata sempre prognosticamente grave per l’evoluzione della malattia verso la cronicizzazione o, evenienza ancora più temibile, verso le complicanze. Se difatti in fase acuta le più o meno evidenti manifestazioni cliniche inducono a trattamenti medici tempestivi, talvolta forse anche aggressivi o esagerati, che controllano gli eventi patologici sia sul versante clinico sia su quello patogenetico, la flogosi minima persistente sfugge a qualsiasi terapia e continua pertanto a determinare o ad aggravare il danno tissutale attraverso la continua liberazione di citochine pro- infiammatorie con l’effetto di un richiamo continuo delle cellule dell’immunoflogosi e di una loro aumentata sopravvivenza, in un circolo vizioso autoperpetuantesi.
Nel nostro studio l’esame rinocitologico ha evidenziato una flogosi minima persistente in fase postpollinica in circa la metà dei casi nel gruppo che aveva effettuato il trattamento solo nella sola fase acuta della rinite, ma anche nel 24% dei soggetti cui era stato programmato un trattamento nello stadio pre-clinico della malattia.
Una immunflogosi latente era presente anche in una piccola percentuale di casi (15%) del II studio esaminati in fase pre- pollinica . Evidentemente in tutte queste situazioni si deve parlare di patologia in atto pur in assenza di sintomatologia clinica e pertanto è opportuno procedere già al trattamento medico, utile nella profilassi sia della forma acuta che delle complicanze. Dai risultati del diario compilato dal paziente si evince difatti che, trattata in fase pre-clinica, una non trascurabile percentuale di casi ha presentato in fase acuta una sintomatologia meno accentuata e più breve rispetto al gruppo non trattato. Determinante a tal fine è stato indubbiamente il ruolo del DSCG, trattamento preventivo della degranulazione mastocitaria, oggi forse sottovalutato perché confrontato con molecole di effetto terapeutico sicuramente molto valido sulle fasi acute ma di azione limitata nella profilassi della flogosi allergica (se si eccettuano i CCS, che però non possono essere impiegati per tempi molto lunghi, soprattutto se somministrati per via sistemica).
Il DSCG ha significato solo se utilizzato in fase molto precoce (pre-pollinica), quando ancora mancano i segni citologici e clinici dell’immunoflogosi. Tali considerazioni trovano ampia conferma nella nostra esperienza.
Come si evince dal diario clinico dei pazienti, risultati positivi sul controllo dell’evoluzione della malattia sono stati difatti registrati in molti casi con citologia negativa in periodo pre-clinico e trattati solo con DSCG, al pari di quelli (15%) che sempre in fase pre-clinica mostravano alterazioni citologiche e che pertanto sono stati avviati a trattamenti più impegnativi (CCS + Antistaminici). Nel complesso circa il 45% dei pazienti ha riferito che il trattamento preventivo del II studio ha indotto in tutte le pollinosi un andamento clinico più favorevole della fase acuta della rinite, sia in termini di manifestazioni sintomatologiche che di durata di trattamento. Particolarmente importante è stata la riduzione di impiego di CCS topici e/o sistemici, (in circa il 46% nella nostra casistica), farmaci che oggi vengono invece speso utilizzati nelle allergopatie in dosi e modi esagerati, sino a configurare situazioni di over treatment. Solo gli antistaminici sono stati prescritti in particolari situazioni (allergie da paritaria) in dosi più generose e per lunghi periodi nel II studio rispetto al Io (+ 146%), per la quasi ininterrotta persistenza di questo allergene nel nostro territorio;
in compenso minore è risultato l’impiego dei corticosteroidi (- 51,7%). Il risultato finale in termini di spesa sanitaria, aspetto oggi particolarmente sentito nel nostro Paese, è stato comunque nel complesso nettamente favorevole nella ricerca monitorata in ogni fase con citologia nasale, con una riduzione del 20% tra i 2 studi.
Tale vantaggio non è inficiato dai costi aggiuntivi dell’esame citologico che, come già detto, è abbastanza contenuto. Un aspetto, infine, da non sottovalutare è il grado di soddisfazione del paziente riferito in particolare al miglioramento della qualità della vita: la riduzione del quadro sintomatologico e delle giornate di assenza dal lavoro, il miglioramento delle prestazioni fisico-intellettive ed infine il contenimento della spesa per consultazioni mediche ed acquisto di farmaci, ha indotto il paziente a fornire per confronto nel questionario “SAT-P” un giudizio nettamente positivo dei risultati del 2o anno di trattamento.
CONCLUSIONI
E’ opinione comune e ormai ben radicata che la terapia delle R.A. non può essere affidata unicamente al quadro clinico. Il trattamento di profilassi è quindi riconosciuto come l’unico veramente valido per contenere le manifestazioni sintomatologiche ed evitare l’evoluzione verso la cronicizzazione e le complicanze. Il trattamento iposensibilizzante specifico e l’impiego di farmaci ad azione sull’anello patogenetico della malattia, aspetto oggi particolarmente enfatizzato, sono la dimostrazione di questo orientamento. A nostro parere l’unica indagine in grado di evidenziare le fasi latenti della rinite è la citologia nasale, mezzo obiettivo e sicuro per seguire la malattia in ogni sua fase, e consentire una efficace profilassi delle manifestazioni cliniche e della evoluzione verso quadri patologici più gravi.
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Centro di Rino-Allergologia della Clinica ORL dell.Università degli Studi di Bari.
Artigo recebido em 1º de Fevereiro de 2003. Artigo aceito em 3 de outubro de 2003.