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Ano: 2004 Vol. 8 Num. 2 - Abr/Jun
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Metodi di Studio e Nuove Strategie di Trattamento Dell'ostruzione Nasale |
Monitoring Methods and New Insights in the Treatment of Nasal Obstruction |
Como citar este Artigo |
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Author(s): |
Luisa Bellussi, Valerio Damiani, Giulio Cesare Passàli, Francesco Maria Passàli, Desiderio Passàli.
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Palavras-chave: |
l’ostruzione nasale, rinite allergica. |
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Resumo: |
Introduzione: L’ostruzione nasale nasale è un sintomo comune sia nelle patologie nasali acute che in quelle croniche. La rinite vasomotoria specifica e la rinite vasomotoria aspecifica sono le cause non infettive più comuni di ipertrofia del turbinato inferiore, che portano ad una riduzione transitoria della pervietà nasale.
Obiettivo: Si discute sulle metodiche più utilizzate per il monitoraggio dell’ostruzione nasale, riportando le nostre esperienze personali nel campo del tentativo di correlare i risultati dei test oggettivi con le valutazioni soggettive dei pazienti sulla gravità delle loro patologie. Presentiamo i risultati da noi ottenuti cercando di migliorare la sensibilità diagnostica del test di provocazione nasale specifica attraverso il dosaggio di ECP, triptasi ed IgE, prima e dopo TPN. Infine, si discute sull’efficacia a lungo termine delle tecniche chirurgiche più comunemente usate per la decongestione dei turbinati, ponendo l’attenzione sul loro impatto sulla fisiologia nasale.
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REVISIONE
L’ostruzione nasale è un sintomo senz’altro comune nelle patologie rinosinusali, siano esse acute o croniche, la cui definizione e quantificazione rimane tuttavia difficoltosa.
Tra le moderne metodiche rinologiche disponibili, le tre che maggiormente possono contribuire all’obiettivazione del grado di ostruzione nasale, ed alla definizione delle conseguenze fisiopatologiche che tale ostruzione determina, sono sicuramente la rinomanometria anteriore attiva, la rinomanometria e lo studio del trasporto mucociliare. La rinomanometria anteriore attiva (RAA), tramite la rilevazione delle modificazioni dei flussi e delle pressioni all’interno delle cavità nasali durante gli atti respiratori, valuta la funzione ventilatoria nasale.
Essa può quindi essere utilizzata per conoscere il grado di pervietà nasale, studiare l’andamento del ciclo nasale, indirizzare, quando abbinata ad un test di decongestione nasale, la diagnosi verso stenosi nasale anatomica o funzionale, valutare nel tempo l’efficacia di una terapia medica o chirurgica [1]. La rinometria acustica fornisce una valutazione geometrica delle cavità nasali mediante l’analisi di un’onda acustica inviata nelle fosse nasali e riflessa dalle strutture incontrate nel tragitto.
Rappresenta quindi un essenziale complemento della RAA nella diagnosi differenziale delle ostruzioni nasali [2]. L’analisi del tempo di trasporto mucociliare (tTMC) consente di studiare l’efficienza di tale meccanismo attraverso la misurazione del tempo impiegato da una miscela di traccianti inerti (noi preferiamo usare una miscela di carbone vegetale e saccarina al 3%) [3] per giungere in faringe dopo essere stata deposta sulla testa del turbinato inferiore. Infine grande importanza, anche in termini di aderenza al trattamento eventualmente proposto, è rivestita dalla percezione soggettiva del paziente della gravità della propria ostruzione nasale. E’ interessante sottolineare che la valutazione della severità di questo sintomo è caratterizzata da una grande variabilità interindividuale.
Per tale motivo Eccles ha proposto l’uso di uno score visuale analogico nel tentativo di oggettivare il più possibile la quantificazione soggettiva del grado di ostruzione [4]. In base al metodo da lui proposto, i pazienti valutano la severità della loro sintomatologia nasale basandosi su una scala graduata da 0 (naso pervio) a 10 (naso completamente ostruito).
Alcuni studi sembrerebbero indicare una buona corrispondenza tra i dati soggettivi ottenuti tramite score visuale analogico e parametri rinometrici acustici [5]. In tale contesto, al fine di valutare l’effettiva affidabilità della rinomanometria, della rinometria acustica, e dell’analisi del tempo di trasporto mucociliare nell’inquadramento diagnostico delle ostruzioni nasali, e di analizzare le possibilità di integrare questi dati oggettivi con la valutazione soggettiva del grado d’ostruzione nasale, abbiamo recentemente svolto uno studio su 60 pazienti affetti da varie patologie ostruttive nasali [6]. Specificamente: 20 pazienti (gruppo A) erano affetti da stenosi respiratoria nasale causata da alterazioni anatomiche quali deviazioni settali o ipertrofia (irreversibile farmacologicamente) dei turbinati inferiori; 20 (gruppo B) erano affetti da rinite allergica stagionale o perenne, diagnosticata sulla base della storia clinica o della positivà ai test allergologici; 20 (gruppo C) erano affetti da rinopatia vasomotoria aspecifica.
I tre gruppi erano omogenei tra di loro per quanto concerne sesso, età e grado di istruzione. Nessun paziente incluso nello studio era in una fase acuta della sua patologia, e nessun paziente aveva assunto alcuna terapia farmacologica nelle due settimane precedenti all’arruolamento. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad uno studio della funzionalità respiratoria nasale tramite rinomanometria, rinometria acustica e studio del tempo di trasporto mucociliare. Al fine di prevenire distorsione della valvola nasale, la rinomanometria è stata condotta utilizzando una maschera facciale ed i parametri sono stati misurati in accordo con le indicazioni dell’International Committe on Stadardization of Rhinomanometry [1]. Inoltre, al fine di ridurre la variabilità delle misurazioni rinometriche ripetute, abbiamo fissato la testa dei pazienti nello spazio tramite l’utilizzo di un craniostato per uso oftalmologico opportunamente modificato [2]. In sede di valutazione rinologica, abbiamo ovviamente chiesto ai pazienti di esprimere un giudizio soggettivo circa la gravità della loro sintomatologia in base al modello proposto da Eccles.
Abbiamo sottoposto tutti i dati rilevati nei tre gruppi ad una analisi della varianza tramite la procedura di Student-Newman-Keuls. I risultati da noi ottenuti in questo studio ci consentono alcune interessanti osservazioni cliniche.
Nel gruppo A (pazienti affetti da stenosi respiratoria nasale anatomica) la rinometria è risultata essere più specifica e sensibile della rinomanometria nel valutare il grado di pervietà.
Nei gruppi B e C (pazienti con stenosi nasali funzionali), invece, la valutazione della resistenza nasale ottenibile tramite rinomanometria anteriore attiva è stata un indice del grado di pervietà nasale più attendibile dei volumi misurati tramite rinometria acustica. Infine, abbiamo frequentemente osservato, in questo campione, discrepanze tra la valutazione soggettiva dei sintomi ed i dati obiettivi; esse erano tipicamente caratterizzate da una sovrastima della gravità della patologia da parte dei pazienti. Le ragioni di queste sovrastime sintomatologiche erano generalmente riconducibili ad uno stato psicologico di ansietà dei pazienti, con conseguente esagerata somatizzazione della patologia da parte degli stessi.
In una ridotta percentuale di casi la sovrastima sintomatologia era invece riconducibile ad una marcata atrofia della mucosa nasale dei pazienti. Quando, tramite l’esecuzione della rinomanometria anteriore attiva, della rinometria acustica, dello studio del tempo di trasporto mucociliare e dell’endoscopia nasale, è stato possibile ottenere una discriminazione tra stenosi nasale anatomica o funzionale, l’approccio diagnostico rinologico può essere completato, al fine di un più corretto inquadramento terapeutico, dall’esecuzione di una serie di esami allergologici.
Specificamente, l’interesse del rinoallergologo è, a questo stadio dell’iter diagnostico, quello di confermare o smentire la natura allergica della patologia ostruttiva nasale in esame, sospetto che sarà sicuramente emerso dalla storia clinica del paziente o dai risultati della prove strumentali effettuate. Tra le varie metodiche di studio della patologia allergica attualmente disponibili, particolare menzione merita, per le promettenti nuove possibilità diagnostiche ad correlate, il Test di Provocazione Nasale (TPN). Il TPN si colloca quale indagine rinologica di III livello utile nella diagnosi delle rinopatie vasomotorie e può differenziarsi in specifico o aspecifico. Il TPN aspecifico viene eseguito nei pazienti che dopo indagini allergologiche di I (test cutanei) e II (test radioimmunologici) livello siano risultati negativi;
non è, pertanto, particolarmente utile nella diagnosi di rinopatia vasomotoria specifica, ma può essere menzionato quale metodica d’indagine rinologica, soprattutto nei soggetti che presentino una particolare iperreattività nasale [7]. Molto più utile nell’iter diagnostico di una rinopatia vasomotoria specifica è il TPN specifico (TPNs), nato dal tentativo di riprodurre a livello locale, e quindi nell’organo di shock la serie d’eventi che portano alla manifestazione del quadro clinico caratteristico della patologia in esame. Le prime modalità di stimolazione del naso risalgono a più di cento anni or sono [8];
a queste hanno fatto seguito ripetuti tentativi di standardizzazione del test, sia per quanto riguarda le modalità di stimolazione che i parametri da considerare quali indici di positività [9]. Considerando l’importanza che il TPNs riveste nella diagnosi e nel follow-up terapeutico della rinopatia vasomotoria specifica, e facendo seguito a studi compiuti recentemente da alcuni Autori [10], abbiamo recentemente analizzato nuovi parametri per la standardizzazione di tale test. In particolar modo ci siamo dedicati allo studio e al dosaggio d’alcuni mediatori presenti nella mucosa e nelle secrezioni nasali (ECP, triptasi, IgE specifiche), prima e dopo l’effettuazione del TPNs in pazienti affetti da rinite allergica [11]. Abbiamo cercato, selezionando per la nostra analisi tritasi, ECP ed IgE specifiche, di analizzare tutte le fasi della reazione allergica: la triptasi, al pari dell’istamina, è ideale per valutare l’andamento della fase precoce della reazione allergica. L’ECP, dipendendo dall’attivazione degli eosinofili è, al contrario, un indice della fase tardiva.
Infine, l’importanza del dosaggio delle IgE specifiche è spontaneamente evidente. Il campione da noi esaminato consisteva di 20 pazienti (10 maschi e 10 femmine) affetti da rinite allergica di età compresa tra 13 e 61 anni (età media 30 anni), monosensibili o polisensibili, con sensibilizzazione documentata tramite prick test.
I pazienti sono tutti stati sottoposti a TPNs. Seguendo una modalità d’esecuzione dell’esame da noi da tempo standardizzata [12], abbiamo insufflato, nella fossa nasale del paziente risultata più pervia ad una rinomanometria eseguita in condizioni basali, l’allergene responsabile della sensibilizzazione a dosi crescenti (2,5 U.A., 5 U.A., 10 U.A. e 20 U.A., 40 U.A., 60 U.A., 80 U.A.), ripetendo ad ogni incremento la rinomanometria e fermandoci al dosaggio che determinava un aumento del 100% delle resistenze nasali. Contestualmente abbiamo rilevato tramite uno score sintomatologico, la gravità dei sintomi starnutazione, prurito, lacrimazione (0 sintomo assente, 1 lieve, 2 moderato, 3 intenso).
Abbiamo considerato come valore soglia della reattività nasale uno score sintomatologico accompagnato o meno dal raddoppio delle resistenze rinomanometriche. Inoltre, in tutti i pazienti abbiamo eseguito il dosaggio diretto a livello della mucosa nasale di ECP, triptasi ed IgE specifiche, immediatamente prima del TPNs. La valutazione della triptasi e delle IgE specifiche è stata ripetuta nella stessa seduta al termine del TPNs, rimandando al giorno successivo quello della ECP, in quanto un mediatore della fase tardiva della reazione allergica, espressione di un coinvolgimento e dell’attività degli eosinofili. La determinazione dei mediatori a livello della mucosa nasale è stata eseguita, secondo la metodica proposta da Marcucci [8], utilizzando appositi stick di plastica, con funzione di substrato alla fase solida per il dosaggio con anticorpi anti-IgE specifiche, anti-triptasi e anti-ECP. La positività del TPN in questo campione, valutata in base ai parametri usuali (score sintomatologico, aumento del 100% delle resistenze basali), è risultata sovrapponibile a precedenti esperienze personali e corrispondente al 50% dei soggetti con PRICK Test positivo. In realtà, anche se in apparenza il TPNs sembrerebbe essere meno sensibile dei PRICK e RAST test, esso è l’unico ad evidenziare una reale reattività d’organo. Proprio in base a tale principio è possibile giustificare la discordanza tra reattività cutanea e nasale; il TPNs avrebbe, in effetti, lo scopo di evidenziare il responsabile principale della sintomatologia nasale considerando che ostruzione, lacrimazione, prurito e starnutazione sono risposte standard della mucosa nasale a qualsiasi tipo di stimolo, non solo allergenico, ma anche fisico (caldo, freddo), chimico (gas tossici e irritanti) e psicologico (stress emozionali). Focalizzandoci sui nuovi potenziali indici di positività da noi studiati, il dosaggio dell’ECP non ha dato risultati statisticamente significativi. Al contrario, la triptasi, dosata immediatamente dopo il TPNs, ha presentato l’incremento statisticamente più significativo; utilizzando tale parametro, abbiamo otteniamo una positività del test in 13 pazienti (65%), 3 in più (15%) rispetto alla positività data dai parametri usuali. Tuttavia, considerando che anche le IgE specifiche hanno dimostrato un incremento statisticamente significativo, potrebbe essere utile un dosaggio contemporaneo di queste con la triptasi;
infatti, mentre la triptasi presenta maggiore significatività nei pazienti con allergia perenne al Dpt, le IgE specifiche son più sensibili nei pazienti pollinosici. In conclusione, i risultati di questo nostro studio sembrano estremamente interessanti, soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di metodi di dosaggio rapidi, di semplice e pratica esecuzione, oltre che di buona tollerabilità da parte del paziente.
Il metodo, inoltre, si basa sul principio della reattività locale in quanto dosa i mediatori della flogosi allergica non a livello sistemico (cutaneo o ematico), ma direttamente nell’organo di shock. In passato la nostra scuola aveva già utilizzato questo principio, ma il dosaggio dei mediatori veniva eseguito sulle secrezioni nasali prelevate, metodo molto più complesso, fastidioso per il paziente e costoso, oltre che dispendioso in termini di tempo.
L’efficacia di tali stick è stata anche dimostrata nelle applicazioni effettuate in età pediatrica, nella quale risultano di particolare utilità [13]. Infine, considerando l’elevata compliance di metodica non cruenta, si può iniziare ad ipotizzare un suo utilizzo per monitorare l’evoluzione nel tempo della rinopatia allergica, per la scelta dell’ITS più adeguata al paziente, per confermare i sospetti diagnostici nei pazienti che presentano risultati border-line con le metodiche diagnostiche tradizionali. Dall’insieme dei dati discussi finora, emerge chiaramente il ruolo di primo piano dei turbinati inferiori nella determinazione del grado di pervietà nasale. La rinopatia vasomotoria specifica o aspecifica sono le più importanti cause non infettive di ipertrofia dei turbinati inferiori. In molti casi la risposta alla terapia medica è sicuramente soddisfacente; tuttavia, in alcuni pazienti il cronico insulto flogistico mucosale risulta in una dilatazione persistente dei seni venosi con fibrosi diffusa [14].
In tali casi, un approccio chirurgico diviene mandatario. La prima procedura chirurgica per la riduzione dei turbinati ipertrofici venne proposta da Hartmann nel lontano 1890 [15];
da allora molte altre metodiche sono state proposte nel corso degli anni. Tra di esse, quelle che attualmente godono di maggiori consensi sono: la turbinectomia [16], la laser chirurgia [17], l’elettrocauterizzazione [18], la crioterapia [19], la resezione sottomucosa [20] e la resezione sottomucosa col lateralizzazione del turbinato inferiore [21,22]. Nessuna di queste procedure è quella ideale; ognuna di esse è associata a note complicanze a breve e lungo termine.
La mancanza di consenso in questo ambito, fa si che la scelta della procedura si basa fondamentalmente sulle attitudini personali e sull’esperienza dei singoli operatori. Al fine di contribuire criticamente all’analisi dell’efficacia di queste differenti tecniche chirurgiche, abbiamo recentemente condotto uno studio per valutare l’efficacia a lungo termine delle sei procedure sopramenzionate (dati non pubblicati). Specificamente abbiamo selezionato 382 pazienti (201 uomini, 181 donne) con sintomatologia suggestiva per ostruzione nasale da ipertrofia dei turbinati inferiori. Ogni paziente è stato sottoposto, al momento dell’arruolamento, a visita ORL completa, PRICK test, Rinomanometria anteriore attiva, rinometria acustica, studio del tempo di trasporto mucociliare e dosaggio delle immunoglobuline secretorie.
Inoltre abbiamo chiesto una valutazione soggettiva, tramite score sintomatologico (scala 1-6) della sintomatologia specifica (ostruzione nasale diurna e notturna, secrezione nasale diurna e notturna, senzazione di pienezza auricolare). Tutti I pazienti sono stati trattati chirurgicamente presso la Clinica ORL dell’univeristà degli studi di Siena. Specificamente abbiamo effettuato, randomizzando i pazienti in 6 gruppi, un numero bilanciato delle seguenti procedure: turbinectomia, laser chirurgia, elettrocauterizzazione, crioterapia, resezione sottomucosa e resezione sottomucosa col lateralizzazione del turbinato inferiore. I pazienti sono stati annualmente sottoposti allo stesso set di esami effettuati durante la visita di arruolamento. L’analisi statistica è stata condotta tramite test T di student. Il trattamento chirurgico dell’ipertrofia dei turbinati inferiori è sempre stato basato sull’assunto che un aumento del volume nasale possa condurre and un miglioramento della funzionalità respiratoria ed ad una risoluzione dei sintomi.
Questa affermazione non è, a nostro giudizio, completamente veritiera: un approccio chirurgico troppo aggressivo potrà senz’altro migliorare le problematiche ventilatorie, ma rischia di interferire pesantemente con i meccanismi fisiologici nasali. La nostra recente analisi ha, infatti, dimostrato che la turbinectomia ha ottenuto ottimi risultati sull’ostruzione nasale, ma è risultata associata ad una più alta percentuale di croste, sanguinamenti e dolori post-operatori rispetto alle altre 5 metodiche.
Inoltre, alcuni Autori hanno recentemente evidenziato che un notevole aumento postooperatorio dei volumi nasali può determinare una significativa riduzione del grado di umidificazione della mucosa nasale [23]. Inoltre, abbiamo potuto evidenziare che, nel nostro campione, un brusco aumento della ventilazione nasale si accompagnava ad una riduzione dell’efficienza del trasporto mucociliare e ad una ridotta produzione di IgA secretorie. D’altro canto, abbiamo anche evidenziato che la chirurgia laser, elettrocauterizzazione e la crioterapia, tecniche potenzialmente mini-invasive, determinano importanti danni a livello della mucosa nasale con un forte impatto negativo sulla fisiologia rinosinusale. Al contrario, utilizzando la resezione sottomucosa del tessuto cavernoso dei turbinati inferiori, abbiamo ottenuto una valido e duraturo ristabilimento della pervietà nasale con scarse complicanze post-operatorie; inoltre solo questa metodica è risultata essere in grado riportare i valori di trasporto mucociliare e di produzione delle IgA secretorie nei limiti della norma.
Lo step aggiuntivo rappresentato dalla lateralizzazione dei turbinati ha, infine, consentito la stabilizzazione dei risultati nel lungo termine. In conclusione, considerando che, come discusso precedentemente, la qualità della vita dei pazienti affetti da ostruzione nasale cronica sembra essere fortemente dipendente più dal ripristino della fisiologia nasale che dal semplice incremento chirurgico dei volumi respiratori, riteniamo di poter raccomandare la resezione sottomucosa associata a lateralizzazione dei turbinati come tecnica chirurgica di scelta per il trattamento di questa tipologia di patologie.
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ENT Department, University of Siena - Medical School, Siena, Italy Author for correspondence: Prof. Desiderio Passàli . ENT Department, University of Siena, Medical School, . V.le Bracci . 53100 SIENA . Italy . Tel: 0039/577/40035. Fax: 0039/577/47940 . E-Mail: Passali@unisi.it Artigo recebido em 10 de junho de 2003. Artigo aceito em 12 de fevereiro de 2004.
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